Sei già stato a Gorizia?
Sì, anzi no: per essere esatti sono stato a Nova Gorica, ma ho praticamente vissuto dentro al teatro.
Se no: qual è la prima cosa che vuoi vedere?
Vorrei approfittarne per rendermi conto di dove sono, vivere da goriziano.
Quando sarà finito Visavì cosa ti aspetta?
Qualche giorno dopo presenteremo Inferno a Romaeuropa festival, il 12 novembre. Poi saremo a Montpellier.
Hai il potere di fare una cosa per cambiare il mondo della danza: cosa fai?
Elimino la parola danza dal vocabolario! Non per distruggerla, ma per aprirla: il fatto che la danza sia percepita come qualcosa d’altro rispetto al teatro è deleterio. La danza è una forma di teatro, un teatro senza parole.
Se potessi dare un consiglio a te stesso bambino, quale sarebbe?
Non lo so, ho sempre cercato di vivere il meglio possibile.
E a una compagnia che inizia adesso?
Di pensarci 150 volte. Quando ho iniziato io, questo lavoro si collocava in un contesto culturale diversissimo da quello di oggi, oggi ho la sensazione che sia più forte il bisogno degli artisti di fare danza che del pubblico di vederla. Non credo sia una questione di educazione del pubblico, ma di rapporto tra domanda e offerta, e purtroppo in questo periodo il rapporto è a sfavore della danza.
Cos’è la danza per te, in tre parole.
La danza per me non esiste, esiste solo il mettersi di fronte a un pubblico a fare delle cose.
Spiegami in modo semplice di cosa parla il tuo spettacolo. Ora convincimi a venire a vederlo :)
È uno spettacolo in cui si balla come pazzi dall’inizio alla fine. In scena ci sono sei danzatori fuori dal comune, una compagnia composta di persone con storie e formazioni diverse accomunate soprattutto dal gusto del ballare, non del danzare, proprio dello stare sulla musica, dell’essere dentro alla gioia del muoversi. È uno spettacolo che, a differenza di altri miei lavori, vuole essere molto gratificante per il pubblico, che vuole proprio farlo godere, farlo sorridere e dargli energia. E magari anche riflettere.